- LE FERIE VALGONO PIU' DI UNA VITA.
17 agosto 2011
di
Claudio Alessandri
Da un po’ di tempo a questa parte, si parla sempre più spesso di sanità e, molto spesso a sproposito, di “mala sanità”. Da quando si è verificato il primo caso di morte “dubbia” e conseguente denuncia da parte dei parenti che, a torto o a ragione, contestano i medici sostenendo di non avere praticato tutte quelle cure che non avrebbero portato alla morte il proprio “caro”.
Ecco evidenziarsi il punto dolente, da una parte un congiunto, con tutte le implicazioni di carattere emotivo che ne conseguono e dall’altra i medici che, per curare un ammalato in modo idoneo, devono mettere da parte qualsiasi coinvolgimento e concentrarsi sull’ammalato e le cure opportune da praticare per guarirlo. Purtroppo, in alcuni casi, può sopravvenire la morte, ma sarebbe ingiusto e imperdonabile attribuirla, non alla gravità della malattia, ma all’incompetenza del medico.
Un dottore e ancor più uno specialista che ha scelto quella professione, considerandola una missione alla stregua di un prete, nel sentirsi chiamato a rispondere della morte di un paziente per ignoranza, se ci troviamo al cospetto di un professionista, onesto e cosciente, privo di quella boria che è la prima causa di incidenti gravi, deve sentire quell’accusa come una esecuzione capitale inflitta ancor prima di un giusto processo.
Ben altro aspetto è conseguente alla “assuefazione al dolore altrui” fisico e spirituale, quella supponenza che non indica scarsa professionalità medica, ma ancora peggio, un considerare un paziente un oggetto, privo, come è logico, di conoscenze mediche, quindi elemento passivo, cavia da esperimento che se muore non si lamenta, gli uomini l’hanno destinata a questo destino ineluttabile.
Quindi una divisione in categorie della classe medica, quasi ci trovassimo ad uno zoo, questo è inammissibile, come è inammissibile che un ammalato di una malattia grave, debba subire, senza protestare, l’ingiustizia di dovere trascorrere svariati giorni in un letto di ospedale che vengano a termine varie festività.
Tutti, per carità, abbiamo diritto ad un giusto riposo, ma nell’evenienza che si presenti un caso urgente, è da incoscienti assentarsi per vari giorni consecutivi, parlo di uno dei tanti casi che si sono verificati recentemente in occasione della festività del “Ferragosto”, sabato, domenica e lunedì e nel frattempo il malato attende, attende una diagnosi, una cura e principalmente un conforto qualificato.
Questa io non la chiamo “mala sanità”, ma assenza totale di deontologia, venir meno al giuramento fatto ad Ippocrate, che non esiste sacrificio nel prestare soccorso ad un ammalato. Alla base dell’insegnamento medico, per credenti e non, dovrebbe essere sempre presente la Parabola del “Buon Samaritano” che, non credente, prestò soccorso al viandante ferito, contrariamente al credente che vide, ma passò oltre.
Quanto da me scritto è un normale sfogo a commento di una vicenda che mi ha toccato da vicino, ma non mi illudo che qualcosa muti nell’assistenza medica, ma almeno ho scritto quello che penso, avrà un seguito? Non lo avrà? Poco importa, ma le feste e le ferie sono inviolabili, poco importa se incidono negativamente sulla vita, di una
realtà sofferente.
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