- ANTONIO CANOVA: IL SEGNO DELLA GLORIA - MUSEO DI ROMA PALAZZO BRASCHI.
24 gennaio 2013
di
Anna Scorsone Alessandri
Il Museo di Roma Palazzo Braschi ospita fino al 7 aprile un’esposizione di Antonio Canova “Il segno della gloria”. Un viaggio intenso che prende vita attraverso un contributo di 71 disegni, 9 acqueforti, 1 modello in terracotta e 3 in gesso, 3 calchi autografi, 2 marmi e cinque dipinti di cui 4 a tempera e 1 a olio.
Disegni come pensieri, come prime tracce di una ideazione e di una genesi artistica. Questo rappresentava per Antonio Canova il disegno: “un pensiero” sintetizzato, una percezione a priori, un segno del tutto personale di un’aspirazione e di una ispirazione, anche improvvisa, che si sarebbe poi concretizzata nell’opera d’arte finita.
La mostra dedicata proprio ai disegni del grande artista, racconta un percorso di studio, un metodo di progettazione e ancor di più l’urgenza di trasporre i propri pensieri in creazioni; infatti la mostra è stata realizzata a Palazzo Braschi, ricco di opere Neoclassiche.
L’esposizione curata da Giuliana Ericani, è stata organizzata in collaborazione con l’Associazione Metamorfosi e Zetema Progetto Cultura: “è stata realizzata con costi contenuti, a dimostrazione che è possibile fare cultura e realizzare una grande mostra con budget tutt’altro che esosi”.
L’esposizione individua due principali percorsi di lettura dell’opera canoviana: il rapporto con la scultura antica delle collezioni romane e quello con i personaggi storici e della cultura del suo tempo. Del primo fanno parte i disegni per tre importanti opere realizzate: La Venere Italica, Il Creugante e Damosseno e l’Ercole e Lica. Della seconda i disegni per i monumenti e le sculture di personaggi quali Napoleone Bonaparte, Maria Luisa d’Asburgo, George Washington, Vittorio Alfieri, Orazio Nelson, Paolina Borghese,
Antonio Canova nasce a Possagno, Treviso, il primo novembre del 1757: a soli quattro anni rimase orfano di padre e la madre dopo poco tempo si risposò e si trasferì nel suo paese natale. La sensibilità di Antonio assorbe questi eventi molto profondamente, tanto da restarne segnato per tutta la vita.
Fin da giovanissimo, egli dimostra una naturale inclinazione alla scultura: esegue piccole opere con l’argilla di Possagno; si racconta che, all’età di sei o sette anni, durante una cena di nobili veneziani, in una villa di Asolo, abbia eseguito un leone di burro con una tale bravura che tutti gli invitati rimasero sbalorditi; il padrone di casa, il Senatore Giovanni Falier, intuì la capacità artistica di Antonio e lo volle avviare allo studio e alla formazione professionale.
Nel 1768, comincia a lavorare presso lo studio di scultura dei Torretti, poco distante da Possagno quell’ambiente per Antonio fu una vera e propria scuola d’arte. Eseguì le prime opere che lo resero famoso a Venezia e nel Veneto: Orfeo e Euridice (1776), Dedalo e Icaro (1779).
La sua arte cresceva sia in Italia che all’estero e riceveva commissioni da ogni parte d’Europa: organizzata secondo la tecnica degli antichi greci, dal disegno all’argilla, dal gesso al marmo, sviluppò un lavoro formidabile e una vicinanza sempre più forte ai temi della mitologia classica.
A Possagno si dedica alla pittura per due anni interi e dipinse molte tele che oggi sono custodite nella sua casa natale. Per Canova fu facile inserirsi in quel clima da capitale della cultura che fu Roma nel Settecento riuscendo a crescere anche come artista, esercitando per lunghissimo tempo la sua attività e influenzando altri artisti. Proprio a Roma inizia quel riconoscimento al suo genio e al suo talento che gli procura in seguito successo e fama a livello mondiale.
Canova è stato il massimo esponente della corrente neoclassica: amato quasi all’isterismo dai suoi contemporanei, trova poco dopo il XVIII secolo dei critici severi e riteniamo che non hanno avuto del tutto torto quando hanno affermato: “…fu riformatore della scultura, ma non riuscì perfetto; imitò l’antico, non la natura; ebbe la perfezione dell’arte antica, nella forma sensibile, non l’ideale nuovo apportato dal Cristianesimo, diede la forma fredda e calma delle deità mitologiche, non le aspirazioni, gli affetti…”, “…tuttavia si considera come il principe degli scultori del suo tempo…”.
Un merito indiscutibile Canova lo ha avuto ed è stato quello di ottenere dalla Francia la restituzione all’Italia di quasi tutti i capolavori che Napoleone aveva trafugato dal nostro Paese.
Muore a Venezia la mattina del 13 ottobre 1822, mentre si trova ospite a casa del suo amico Francesconi.
Lascia suo erede universale il fratellastro, il vescovo Giovanni Battisti Sartori.
Il sepolcro che custodisce le sue spoglie è Possagno, suo paese natale, dove egli stesso, tre anni prima di morire, nel luglio 1819, si reca personalmente, progetta e fa edificare a sue spese Il tempio, posandone personalmente la prima pietra.
Edificio maestoso, dedicato alla SS. Trinità, una chiesa parrocchiale che sarà portata a termine solo dieci anni dopo la sua morte.
La mostra, promossa da Roma Capitale Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza ai Beni Culturali e Comune di Bassano del Grappa, è curata da Giuliana Ericani, direttore del Museo civico bassanese e patrocinata dall’Istituto di Ricerca per gli Studi su Antonio Canova ed il Neoclassicismo e dal Comitato per l’Edizione Nazionale per le opere di Antonio Canova.
La mostra sarà visitabile fino al 7 aprile 2013, Palazzo Braschi, nella centralissima piazza Navona, Roma.