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- GLI SCATTI ARTISTICI DI ANGELA CHITI IN MOSTRA A FIRENZE -

27 marzo 2009

di Claudio Alessandri

Dal 28 marzo 2009, presso il Palazzo Medici Riccardi – Limonaia, Firenze, espone le sue recenti creazioni fotografiche l’artista Angela Chiti. La mostra è curata da Alessandra Borsetti Venier.

La Limonaia pur ospitando generalmente le grandi opere rinascimentali, ha dischiuso i suoi prestigiosi spazi ad esibizioni d’arte moderna, una collaborazione e non utilitaristica commistione tra capolavori del classicismo italiano e non solo ed opere protese alla valorizzazione delle più moderne esplicazioni del genio umano.

Angela Chiti, aderendo alla generale tendenza dello “scatto” artistico predilige il bianco e nero, ovviamente creando sapientemente gli indispensabili contrasti tonali che, senza infingimenti, creano immagini movimentate da profondità diverse per rendere il soggetto fotografico godibile nella illusoria, ma indispensabile, non semplice da raffigurare, tridimensionalità.

Il bianco e nero è considerato dai più adatto per mettere alla prova un fotografo che si dedica all’immagine artistica, una specie di laurea che nobilita, nel risultato positivo, o boccia senza appello il neofita pretenzioso.

Ed è proprio da questa soluzione tecnica che sboccia il “genio creativo” di Angela Chiti che, molto presto, entrerà nell’attenzione dei critici più attenti, spalancandole le porte, per moltissimi rimaste serrate, delle Gallerie d’Arte più importanti, a Firenze ed altrove.

Non a caso, la carriera espositiva dell’artista toscana ha inizio a Firenze nel lontano 1986 partecipando alla collettiva: “L’Etrusco immaginato”, organizzata dalla Scuola Internazionale F64 di Luciano Ricci, anticipando il debutto ufficiale della Chiti dato che lo stesso partecipando al “SICOF” a Milano nel 1985, aveva presentato una fotografia della sua allieva, un primo ma importantissimo riconoscimento che servì quale “grimaldello” per scardinare le resistenze di un “mondo” restio ad accogliere nuovi talenti.

In quegli anni Angela Chiti mostra tutta la sua ispirazione utilizzando il bianco-nero, si dedica con animo poetico alla realizzazione di immagini di fanciulli; più che altro visi di bimbi appartenenti alla numerosissima colonia cinese di Firenze e del suo interland. Nel periodo 1995-2003, produce una notevole quantità di immagini riguardanti le iniziative culturali, sia visive che musicali della tradizione popolare partorite dall’Istituto Ernesto de Martino di Sesto Fiorentino (FI) presso il cui archivio affluiva l’impagabile fatica della Chiti.

Ovviamente è vivo il suo interesse per il connubio racconto-immagine e da questa colta commistione l’artista coglie e sottolinea gli spunti ritenuti più coinvolgenti dei suoi autori preferiti; Hatsuo Basho, Dino Campagna, Cristina Giorgio Caproni e non solo, la accompagnano ispirandola lungo il cammino tutto sommato, composto da sensazioni, momenti pregnanti della vita fissati in un “battito di diaframma”. L’artista attraverso un obiettivo fotografico, prolungamento del suo occhio, quasi inconsciamente, seleziona immagini, altro non sono che estensioni della sua sensibilità affinata da naturale visione lirica di un mondo che la circonda, immergendola in un’atmosfera fra realtà e sogno, dolore e gioia, un caos snervante che Angela Chiti seleziona ridando quell’ordine che è messaggero di pace ed armonia, un mondo vacuo che probabilmente esiste solamente in quelle immagini fotografiche, non proiezioni della realtà nel suo insieme, ma piccoli pezzetti da non ricomporre in “puzzle” rivelatore della banale realtà.

Il 2007 segna un momento epocale per l’artista che da inizio all’utilizzo del colore, realizzando la serie: “ad occhi chiusi”; la sua propensione al bianco-nero che l’ha accompagnata lungo un percorso culturale che non poteva privarsi del “colto” armonizzarsi nelle mille varianti di queste colore in apparenza lugubre, ma che può trasformarsi in poetica visione dell’esistenza più crudele.

Adesso l’uso del colore non altera la sua iniziale ispirazione, anzi la amplia e la completa in visioni minime che è arduo comprendere, ma che, ancora una volta, risentiamo visualizzato dell’animo commosso e commovente di questa artista che proietta nelle sue opere tutto l’amore che genera nel vedere un mondo immaginato ed adesso ricreato, tecnicamente, indubbiamente, ma nobilitato da quell’aura ispiratrice che consente di scorgere il “veramente” bello dove il comune osservatore scorge unicamente il vuoto, sia visivo che spirituale
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articolo del 27/3/09 italiainformazioni

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