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- CERCANDO L'AUTOBUS UNA MATTINA -

3 settembre 2008

di Claudio Alessandri

Che cosa può accadere ancora, nella città felice di Palermo, che già non sia accaduto? Può succedere che un impiegato cercando la fermata dell’autobus che è stata spostata senza preavviso, non trovandola, diviene pazzo e decide di acquistare l’automobile, ma è meglio andare per ordine e ricostruire la triste vicenda dall’inizio.

Quel lunedì mattina il sig. X, si era alzato molto allegro, durante la domenica si era riposato bene, ed ora era pronto ad affrontare con spirito combattivo la settimana d’ufficio che lo attendeva.

Lungo la strada che lo conduceva alla fermata dell’autobus, percorsa con passo elastico e con il cipiglio di chi è sicuro di sé, ebbe modo di apprezzare l’aria fresca del mattino e il verde intenso dei giardini e giunse persino a dire fra sé che poi la vita non era così brutta e monotona come molti la descrivevano.

Ma giunto nei pressi di Piazza Don Bosco, dove si trovava la sua abituale fermata dell’autobus, si accorse che il già caotico traffico di automobili, quel giorno era infernale ma non riuscì subito a spiegarsene il motivo, ma quando giunse sul posto lo capì.

Protetti da uno sbarramento, gli operai della ditta Cassina, si accingevano ad asfaltare la strada, quindi di li gli autobus non potevano passare, dopo un attimo di smarrimento, durante il quale si sforzò di pensare se sui quotidiani era apparso qualche avviso e non riuscendo a ricordarlo, decise di rivolgersi al vigile che in centro all’incrocio, dirigeva il già descritto traffico, sgusciando fra un’automobile ed un camion riuscì a raggiungerlo, ma quando fece per chiedere spiegazioni, si vide fissato da due occhi sbarrati, allucinati di chi è prossimo ad una crisi di pazzia omicida, quindi ritraendosi spaventato pensò che con molta probabilità quel vigile non gli sarebbe stato di nessun aiuto.
 
Il sig. X, fiducioso dell’organizzazione della sua città, pensò che doveva pure esserci un impiegato dell’A.M.A.T., messo lì per dare spiegazioni ed infatti lo vide, era un controllore che sostava proprio vicino allo sbarramento, il sig. X felice, senza perderlo un attimo di vista, si lanciò sconsideratamente tra il groviglio di auto strepitanti, riuscì a scansarne due, ma alla terza si trovò seduto sul cofano, con agilità scese da quel posto insolito, ma lo attendeva una spiacevole sorpresa, rialzando lo sguardo, non vide più il controllore e è pensò di essere rimasto vittima di un’allucinazione, di un miraggio.

Persa ogni speranza il sig. X, pensò di raggiungere una fermata che secondo logica, non era impegnata dai lavori. Con passo svelto la raggiunse e vi trovò un signore che attendeva anche lui l’autobus, pensò di avercela fatta; se vi ere quel signore ad attendere voleva dire che di lì gli autobus passavano.
 
Attese per parecchio tempo; ma nessuna vettura transitò, allora decise di chiedere a quel signore se era certo che di lì gli autobus passassero, quando si accinse a parlare, il signore lo precedette e gli pose la stessa domanda che lui aveva pensata.

Al sig. X scomparve dal viso il sorriso speranzoso e voltandosi di scatto fuggì per non fare vedere che stava per scoppiare in lacrime. Il sig. X, raggiunse la via Libertà e dopo pochi minuti vide sopraggiungere un autobus chiuse gli occhi perché era convinto di essere di nuovo vittima di una allucinazione e quando li riaprì, l’autobus, messa la freccia, senza fermarsi alla fermata, curvò per raggiungere via Marchese di Villabianca, sua strada abituale.

Altrettanto fece un secondo autobus, ma un terzo si fermò, il sig. X, dopo essere salito, disse all’autista che due suoi colleghi non si erano fermati.

L’autista rispose che lui aveva fatto funzionare il cervello se anche quella era una fermata non compresa nella sua corsa, vedendo gente che attendeva, si era fermato, aveva usato il cervello? Ma non avevano avuto delle precise istruzioni?

No, affatto, il servizio era affidato alla discrezione e alla inventiva che contraddistingue il popolo italiano. Quel giorno il sig. X giunse in ufficio con enorme ritardo, spiegò ai superiori il perché, non gli credettero, anzi gli dissero che avrebbe potuto inventare una scusa un po’ più credibile.

Dopo alcuni giorni gli giunse la lettera di contestazione, non se la prese, ormai aveva deciso; aveva ordinato l’automobile, era diventato pazzo. Non abbiamo più avuto notizie del sig. X, ma siamo certi che ogni mattina si troverà incolonnato anche lui con altre centinaia di pazzi, percorrendo un metro in un ora e suonando disperato il clacson con la speranza, che ad ogni colpo di segnale acustico; come per magia, scomparirà una delle vetture che lo precedono, lasciandogli libero il cammino, continuerà ad arrivare in ritardo in ufficio, ma adesso non si preoccupa più, anche i suoi superiori gli credono e lo scusano, anche loro vanno in ufficio in automobile. 

 

Claudio Alessandri


Racconto molto ironico pubblicato l' 08/02/1970  su Palermo Sera  , ma che a distanza di anni e' sempre d'attualita'


 
 
 
 
 



 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

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