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- RICORDATO WILLY E RISCOPERTA LA VICENDA ARTISTCA DI MOKU -

16 maggio 2009

di Claudio Alessandri

Nel leggere l’articolo apparso su “SiciliaInformazioni” del 16 maggio 2009 dal titolo “A Gibellina l’Atlante del cuore di Giovanni Bosco” un artista che, come sottolineato dal Critico fa parte di quel particolare settore artistico-creativo che Jean Dubuffet pose nel 1945 in una nicchia a se stante, un’arte ricca di originalità e di spunti di grande libertà espressiva, ma in un contesto che appartiene ad artisti fuori dal coro.

Questi artisti non lo sono esclusivamente nell’ispirazione, ma si distinguono per l’insofferenza per tutto ciò che può condizionare il loro pensiero, la loro vita, il loro esprimersi nell’arte come nella vita. Questa accettazione in fondo filosofica di un “creare” senza vincoli stilistici e scolastici e meno che mai legati ad un luogo, non è certamente giovevole in un mondo dove qualsiasi forma di diversità viene respinta con paura, il timore di vedere sconvolta la così detta normalità.
L’articolo esordisce con il ricordo commosso di uno di questi artisti, Willy Martinez, al quale venne offerta la grande, ed unica occasione di esporre le sue opere all’interno di una Galleria d’Arte. L’articolo descrive il “personaggio” in modo coinvolgente e per me commuovente perché il catalogo di quella mostra lo presentai io ed in quella occasione ed in seguito ebbi modo d’approfondire la conoscenza di Willy, un “quasi indio” riservato nei rapporti con il prossimo, schivo, ma non per alterigia, o snobismo, conseguenza logica ai tanti calci che aveva ricevuto in faccia, alla fine si era stancato sottraendosi a quel mondo che gli aveva riservato solo dolore, ma lo fece senza risentimento, faceva parte del suo carattere.

Dopo qualche tempo lo incontrai nell’atrio della “Missione Speranza e Carità” che lo ospitava, era reduce da un ricovero in ospedale per curare una grave malattia e quando gli chiese come si fosse trovato durante il ricovero, mi sentii rispondere: “Benissimo, il letto aveva le lenzuola pulite e poi… si mangiava molto bene…” solo in quel momento compresi la vera essenza filosofica che ispirava la vita di Willy, la possibilità di esercitare la sua arte in assoluta libertà e senza vincoli, poi altre due o tre cose di una semplicità disarmante, ma a ben riflettere, essenziali per condurre una vita serena.

Poco tempo dopo quell’incontro Willy andò a dipingere i suoi strani e coloratissimi animali nelle sterminate praterie di Manitou. Quel ricordo riportò alla mia mente memorie sopite dal tempo, o volute riporre in un cantuccio per non subire il rimorso di non avere fatto abbastanza per Willy? E Moku – Moku, e già, nella stessa galleria che aveva ospitato Martinez, aveva accolto in contemporanea un altro artista della numerosa schiera designata per appartenenza con l’appellativo di “Art Brut”. Moku – Moku è diversissimo da Willy, anche perché è ancora al mondo, fisicamente e caratterialmente, tanto riservato il primo quanto estroverso il secondo, leggermente corpulento e non molto alto di statura Willy, quanto possente ed atletico il secondo; di origini latine il primo, slave il secondo.

Il percorso di vita ed artistico in Moku – Moku coincidono. Nato in Ungheria da famiglia benestante, espatriò con i suoi, in giovanissima età durante l’invasione sovietica del suo Paese. Poi i suoi genitori morirono, tutti e due in poco tempo e Moku cominciò a peregrinare per l’Europa; Olanda, altri Paesi, poi giù, giù fino alla Sicilia; mi disse una volta: “ alla ricerca dei colori”, e qui li trovò più precisamente a Palermo, anche lui privo di un lavoro e di qualsiasi mezzo di sostentamento, ospite della “Missione Speranza e Carità”.

Imponente dall’alto dei suoi quasi due metri, capelli incolti e scarmigliati, barba fluente non curata, ben presto entrò in rotta di collisione con i responsabili del Centro perché, a suo dire, non gli compravano i colori ed in compenso sperperavano il denaro proveniente dalle laute donazioni di privati o dalle altrettanto cospicue elargizioni dei vari Enti pubblici e privati. Vero o non vero, sta di fatto che la decisione di abbandonare il Centro divenne inappellabile quando il missionario laico Biagio Conte fece eliminare delle sue opere perché, a suo dire: “erano emanazioni del Maligno”, se non fosse cosa seria mi verrebbe di pensare al Savonarola .

Da quel momento Moku si diede da fare per cercare qualcuno disposto a promuovere le sue realizzazioni, certamente non convenzionali, ma indubbiamente meritevoli di particolare attenzione per espressività e non semplice giudizio, ma senza dubbio portatrici di contenuti che meriterebbero maggiore attenzione perché a nostro giudizio Moku esula dal normale concetto di artista “Art Brut tout court”, tranne ovviamente per il suo desiderio incontrollabile di vita libera ad ogni costo, dormendo sotto una tende, quando gli va bene, mangiando grazie alla generosità di qualcuno, vestendosi con indumenti riciclati e… quando avverte qualche malessere non si reca da un medico, ma si cura con digiuni che possono durare anche venti giorni di fila e poi, afferma Moku, si sente benissimo.

articolo del 16/05/09 siciliainformazioni

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