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- FEDERICO II E LA TUTELA DELLE DONNE -

14 dicembre 2008

di Claudio Alessandri

La monumentale raccolta di leggi volute da Federico II e racchiuse nel “Liber Augustalis”, può essere considerato il vero, immenso, monumento che più di tutte le grandi imprese, culturali e politiche del “Puer Apuliae” lo consegna alla storia universale per la visione incredibilmente moderna dei principi fondamentali del vivere civile.
Moltissime sono le leggi che “rompono” il legame con un passato oscuro e spesso crudele che faceva risalire i suoi concetti di giustizia a forme che si ispiravano più che ad un codice, a crudeli vendette, la “legge del taglione” era ritenuta la più idonea per punire un crimine facendo subire al colpevole una condanna che fosse attinente alla colpa.

Con Federico II e le sue leggi, non fu più così, almeno nell’ambito del suo vasto Impero, fece emanare delle leggi che non trascuravano affatto i diritti delle donne, considerate fino ad allora, poco più che oggetti destinati ai piaceri dell’uomo, al concepimento dei figli ed alla loro cura, l’igiene della casa ed altro ancora, sottoposte al volere degli uomini, padri, poi dei mariti che esercitavano su di loro il diritto di vita o di morte.

Federico II proclamò la “dignitas sexus” che tendeva a tutelare i diritti, fino a quel momento negati alle donne, sia dal punto di vista legale che morale. Il suo primo interesse fu rivolto alla tutela delle suore, nel suo codice si legge: “ se qualcuno rapisse una monaca, anche se ancora non ha dato i voti, deve essere condannato a morte”. Questa forma di reato considerato sacrilego era allora certamente diffuso in considerazione che moltissime fanciulle venivano destinate al monastero, non per vocazione, ma obbligate dal capo famiglia che, in possesso di grandi ricchezze, le destinava al primogenito di sesso maschile per evitare la dispersione del patrimonio familiare. Gli altri figli, maschi o femmine, non avevano alternative, o si consacravano preti o suore. Facile intuire la reazione di quegli e quelle poverette che poco gradivano la castità imposta d’autorità.
Dal sacro si passa al profano, per Federico esistevano vari gradi punitivi, ma il reato non fa distinzione fra una suora o una prostituta infatti: “se una prostituta dovesse venire posseduta contro la propria volontà, il colpevole dovrà essere decapitato. Esisteva comunque una condizione essenziale per condannare il violentatore, la donna doveva denunciare l’abuso entro otto giorni dallo stupro, sempre che non fosse impedita perché tenuta reclusa, in caso contrario doveva essere considerata consenziente.

Secondo la legge per Federico II erano sullo stesso piano le meretrici, le vergini, le spose, vedove, donne sposate vittime di violenza carnale o rapimento. Colui che stuprava o rapiva era in ogni caso passibile della pena capitale. L’Imperatore conosceva profondamente gli usi e tradizioni dei suoi sudditi , quindi intervenne per porre fine a quegli usi che considerava disdicevoli. Legiferò quindi in favore delle donne che venivano possedute contro la loro volontà, anche quando quell’atto vergognoso veniva legalizzato dal così detto: “matrimonio riparatore”, tanto diffuso in Sicilia e nel sud d’Italia e stabilì che il rapitore non potesse scansare la giusta pena anche se avesse sposato l’offesa.
Questa norma estremamente avveniristica non scoraggiò comunque il popolo che continuò a praticare le “fuitine” fino a qualche anno addietro. Proseguendo su questa linea legislativa, Federico II promulgò altri titoli atti a porre termine a delitti di ogni genere perpetrati a danno delle donne.

Se qualcuno ode gridare una donna e non va in suo soccorso deve essere punito, sempre che non sia sordo o zoppo, dopo essere comparso davanti alla Corte, dovrà versare quattro augustali, una somma notevole. Quando una donna viene convocata in giudizio ha diritto ad un avvocato d’ufficio. Una donna non maritata e senza l’aiuto economico di un parente, può presentarsi in giudizio personalmente senza l’ausilio di un procuratore, come era richiesto invece negli altri casi; se detta donna, sia per ignoranza della legge o per ingenuità, può provare di essere stata frodata dal procuratore, dovrà essere risarcita per un importo eguale a quello sborsato.
In questo ultimo caso, è evidente l’importanza per una donna di potere contare su di una figura maschile per non essere ingannata, ma quando un uomo è presente, ma è un delinquente, le donne non devono subire alcun danno, riguardo ai loro averi o doti, poiché di quanto posseduto dalla donna non deve beneficiare il “foriudicato”.

articolo del 14/12/08 siciliainformazioni

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