- FEDERICO II E LA SETTA DEGLI ASSASSINI. STORIA DI UN RAPPORTO MISTERIOSO -
19 febbraio 2009
di
Claudio Alessandri
Federico II, sempre nell’ottica diffamatoria dei suoi detrattori di parte Guelfa, durante il soggiorno in Terra Santa entrò in contatto, intrattenendo successivamente rapporti epistolari, con la setta degli assassini, una organizzazione misteriosa che al solo nominarla destava terrore.
Una testimonianza importante sull’esistenza e sulle caratteristiche di questa setta, la fornì più tardi, Marco Polo che, durante il viaggio per raggiungere la Cina, conobbe quella gente e le loro discutibili usanze. Marco Polo narra che la setta degli assassini era formata da fanatici che ubbidivano ciecamente al volere del loro capo, Hassan Sabbah, conosciuto in occidente come il “vecchio della montagna”. Questi discepoli venivano addestrati appositamente per compiere le stragi più efferate contro tutti coloro che venivano ritenuti, a torto o a ragione, nemici dell’Islam.
Narra la leggenda che il sistema di addestramento di questi fanatici che, a ben vedere, aveva poca attinenza con la religione del profeta, venivano affidati, ancora fanciulli, al “vecchio della montagna” e che pur esercitando un potere assoluto sulla psiche di quei poveretti, ricorreva ad un aiuto di origine vegetale come si vedrà in seguito; i prescelti erano giovanissimi selezionati fra quelli più adatti per lo scopo che li avrebbe visti macchine inarrestabili, inconsci dispensatori di morte.
I giovani sottratti alle loro famiglie venivano isolati dal mondo e costretti, per alcuni anni, ad una vita contemplativa, durante questa fase di carattere iniziatico, l’unico insegnamento al quale venivano sottoposti era un martellamento pressante che riguardava la descrizione fantastica del paradiso di Allah.
Quando erano considerati pienamente affidabili , veniva propinata loro, insieme al cibo giornaliero, una tisana a base di hashish, i giovani sprofondavano in un sonno profondo e quando si svegliavano si ritrovavano in un luogo fantastico che il “vecchio della montagna”, seguendo alla lettera il Corano, aveva creato in una valle preclusa al mondo. In quel luogo straordinario i giovani godevano, per alcuni giorni di delizie indicibili. La valle era solcata da ruscelli di latte e di miele, numerose Uri e fanciulli danzavano al suono di melodie dolcissime, era a loro evidente che tutto quello che li circondava rappresentava le bellezze del paradiso che li attendeva dopo una morte gloriosa.
Quando per quei giovani era divenuto un desiderio irrinunciabile raggiungere al più presto quel luogo, ecco che veniva propinata loro un’altra bevanda drogata che li sprofondava nuovamente nel sonno, quando si ridestavano si trovavano seduti al tavolo del vecchio della montagna ormai pervasi da un unico desiderio, godere ancora delle delizie di quel paradiso.Veniva detto loro che avrebbero potuto tornare in quel luogo di delizie solamente se avessero sacrificato la giovane vita seguendo il volere del loro capo, Hassan Sabah.
Da quel momento i discepoli attendevano con ansia il momento che avrebbe richiesto la loro morte. Questa leggenda di per sé spaventosa, fece da corollario alle già numerose nefandezze attribuite al “Puer Apuliae”; si disse infatti che Federico ebbe stretti rapporti con questa setta, anzi si andò oltre raccontando che l’imperatore si era recato a fare visita al vecchio della montagna e questi, per dimostrare all’illustre ospite fino a qual punto i suoi discepoli gli ubbidissero, ordinò a due di loro che si trovavano su un’alta torre di gettarsi nel vuoto e questi non delusero Hassan e si lanciarono a capofitto felici di morire e di raggiungere il paradiso.
Si disse anche che lo stesso Federico, seguendo l’esempio del “vecchio della montagna” avesse scelto un gruppo di giovinetti per farne dei micidiali assassini asserviti al suo volere. Per raggiungere lo scopo fece rinchiudere i fanciulli in un luogo misterioso, in assoluto isolamento facendosi vedere raramente. Raccomandò ai fidatissimi carcerieri di dire ai giovinetti che lui era il loro Dio e che avrebbero dovuto ubbidire a qualsiasi suo volere, i fanciulli credettero ai loro aguzzini e da allora non si verificò morte violenta di nobili, di prelati e di numerose concubine dell’imperatore che non venisse attribuito al volere satanico di Federico, la diffusione capillare di queste dicerie operata dai suoi nemici, compresi pontefici e prelati, fecero il resto.