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- MASSIMO CAMPIGLI, FONDAZIONE MAGNANI ROCCA, TRAVERSETOLO (PR).

6 maggio 2014

di anna scorsone alessandri

 È in corso alla fondazione Magnani Rocca la mostra “Campigli. Il Novecento antico” a cura di Stefano Roffi.  Tedesco di nascita, italiano di formazione, parigino per cultura, Campigli è tra gli artisti più rappresentativi del Novecento:  personaggio colto, parlava cinque lingue, inusuale per il nostro panorama artistico.  Inizia a dipingere nel 1919, quando, come inviato del Corriere della Sera, si trasferisce a Parigi e vi resta fino al 1939 recependo gli stimoli dell’allora capitale internazionale dell’arte, che formò il gruppo dei Sette Italiani di Parigi con Giorgio De Chirico, Filippo De Pisis, Perisce,  Alberto Savinio, Gino Severini e Mario Tozzi.

Uomo solitario, nella sua pittura si intrecciano geometrie e magie, memorie e simboli; fu anche uno scrittore raffinato e riservato. La mostra comprende oltre ottanta opere, concesse da musei e collezioni private, Donne, infinite donne, elegantissime, ingioiellate, eppure prigioniere, il mistero che si cela nell’arte di Massimo Campigli, a documentare l’intero percorso dell’artista dagli anni venti agli anni sessanta, quando le sue iconografie tipiche, figure femminili racchiuse in sagome arcaiche di grande suggestione simbolica, divengono esplicite meditazioni sull’archetipo femminile, sempre in equilibrio fra ingenuità e cultura che rende personalissima la sua maniera. Per conoscere l’artista e la sua ossessione dell’immagine femminile bisogna entrare nella sua vita familiare.

Il mistero è protagonista nella vita di Massimo Campigli: infatti si è scoperto che era nato a Berlino e che il suo vero nome era Max Ihlenfeld. La madre, tedesca di appena diciotto anni, non era sposata; per evitare lo scandalo il bambino venne portato in Italia. La madre che gli aveva dato il cognome  lo vedeva saltuariamente. Si sposa nel 1899 con un commerciante inglese e quindi prende con sé il suo bambino fingendo di essere una zia, ma all’età di quattordici anni scopre casualmente la verità e cioè  che era Max Ihlenfeld: questa vicenda familiare dal punto di vista psicologico lo segna per tutta la vita; infatti non uscirà più dalla dimensione infantile e permetterà di prendere il sopravvento sulla realtà per rendergliela accettabile. Scrive: “Non mi sono mai rifugiato nel sogno, nell’infantilismo, ci sono semplicemente rimasto, non ne sono mai uscito”. Il suo ieraticismo, austero, severo e rigido, ma allo stesso tempo estremamente immediato, sa essere al contempo familiare e popolare, Massimo Campigli  riesce a trovare, infatti, spazio per una spontanea, sottile e velata ironia. Il tutto plasmato con una tecnica raffinatissima di cromie che rendono il colore, morbido e consistente, particolare imprescindibile del suo lavoro.

Egli in un sua presentazione al catalogo di una personale alla galleria del Naviglio a Milano nel 1963 scrive: “Vorrei che con i miei quadri si potesse convivere come con un lento pendolo silenzioso. Se poi quello che conta fosse l’elemento psicologico del quadro niente è più favorevole, perché il subcosciente si manifesti che lavorare assorbito in problemi puramente tecnici, quasi per distrarre la mente” (è certamente un giudizio-guida per accostare lo spettatore alla comprensione della sua pittura).

La mostra è disposta in cinque sezioni, oltre ai grandi mosaici allestiti nel giardino: la bella ritrattista, con le effigi di personalità del mondo della cultura, ma anche belle e famose signore; la città delle donne, che accosta le opere che rivelano l’ossessione per un mondo che pare tutto al femminile; i dialoghi muti, coppie incapaci di comunicare, le figure in sé prive di identità che accosta al proprio passato di reporter a Parigi. Di particolare interesse l’accostamento, per la prima volta in un’esposizione, delle quattro enormi tele che Massimo Campigli teneva nel proprio atelier.
 

L’esposizione si avvale del sostegno di Fondazione Cariparma e di Cariparma Credit Agricole.
 

Il catalogo Silvana Editoriale a cura di Stefano Roffi con interventi di Luca Massimo Barbero, Nicola Campigli,  Mauro Carrera, Nicoletta Pallini, Paolo Piccione, Rita Rozzi, Sileno Salvagnini e Marcus Weiss.
 

Fondazione Magnani Rocca a Mariano di Traversetolo (Parma) fino al 29 giugno 2014 lo scopo  per richiamare così l’attenzione su uno dei pittori più significativi del Novecento italiano, presente nei maggiori musei del mondo. Aperto anche tutti i festivi. Orario: dal martedì al venerdì orario continuato 10-18 –  sabato, domenica e festivi orario continuato 10-19. Lunedì chiuso.  .
Ingresso: € 9,00 - € 5,00 per le scuole.
     
http://www.italiainformazioni.com/74813/parma-most ra-dedicata-campigli        

- MASSIMO CAMPIGLI, FONDAZIONE MAGNANI ROCCA, TRAVERSETOLO (PR).