- FEDERICO II E LA FIGLIA DI MIRABETTO. L'ULTIMA RESISTENZA DELLA ROCCA DI ENTELLA -
27 dicembre 2008
di
Claudio Alessandri
L’Imperatore Federico II venne amato ed idolatrato dai suoi sostenitori ed, in egual misura, odiato e paragonato a Satana dai suoi detrattori; i primi sostennero e tramandarono delle vicende mai accadute nella realtà federiciana, gli altri, si profusero in racconti che narravano di crudeltà orrende perpetrate da Federico II a danno di chiunque avesse osato opporsi ai suoi voleri.
Era inevitabile che lo “Stupor Mundi” divenisse il soggetto prediletto di numerose leggende, poco o per nulla suffragate dalla storiografia ufficiale eppure tramandate e diffuse dal popolo dell’intera Europa ed, ancora oggi, maggiormente gradite della storia reale, spesso noiosa e priva di ogni spunto gradito dalla fantasia.
All’indomani dell’incoronazione il 27 novembre del 1220 in S. Pietro, Federico II si apprestava a rimettere piede nel regno a ricondurlo all’ordine e per recuperare i diritti della monarchia minate dalle inquietudini e dalle discordie baronali. Prima di ciò si imponeva l’urgenza di risolvere l’endemica conflittualità con alcune sacche di resistenza araba ancora presenti in alcune raccaforti dell’isola. L’ultima resistenza, si narra, fu tentata da una bella e astuta donna, conosciuta come “la figlia di Mirabetto” e viene collocata tra il 1220 ed il 1223.
Teatro degli eventi fu la rocca di Entella, ove si era rifugiato l’emiro Ibn Abbad, noto con il nome di Mirabetto (Emir Abbad). Costui, con i suoi figli, aveva organizzato ad Entella un’ultima disperata resistenza. L’imperatore, ritenendo inutile ed estenuante l’assedio, promise a lui e ai suoi figli salva la vita qualora si fossero recati a Palermo a fare atto di sottomissione; non solo ma avrebbe loro concesso un salvacondotto per recarsi in Africa. Mirabetto si lasciò convincere e convinse i suoi figli maschi a seguirlo. Ma l’unica sua figlia, di cui non si tramanda il nome, non si fidò e disse al padre e ai fratelli: Voi andate pure. Io resterò ad Entella. Se l’Imperatore mantiene fede alla parola data io vi raggiungerò in Africa, ma se l’Imperatore non terrà fede ai patti, io vi vendicherò. Federico accolse Mirabetto ed i suoi figli con molti onori e li fece imbarcare su una nave diretta a Tunisi. Durante il viaggio però questi furono “mazzerati”, buttati cioè in mare chiusi in un sacco. Invano la figlia di Mirabetto, asserragliata nella rocca attese per oltre due anni notizie dei fratelli. Arrivata ormai allo stremo delle risorse e della speranza, decise di mettere in atto la sua vendetta.
Scrisse segretamente all’imperatore e gli offrì l’imprendibile rocca di Entella. I patti erano che trecento guerrieri svevi (cento per ognuno dei suoi parenti) arrivassero di notte ad Entella, lei stessa li avrebbe fatti entrare di nascosto nei punti chiave della roccaforte. Federico accettò e quando, nella notte stabilita, i trecento suoi guerrieri arrivarono ad Entella, la figlia di Mirabetto li fece entrare a piccoli gruppi nella fortezza e mano mano li fece massacrare dai suoi servi.
Al mattino seguente, Federico non vide sventolare i suoi vessilli sul torrione di Entella, né vide aprirsi le porte del castello. Comprese allora di essere stato abilmente raggirato dalla ragazza, che aveva consumato la sua vendetta. Ma da quell’uomo eccezionale che era, fu talmente ammirato dal coraggio e dall’astuzia della fanciulla che le inviò una missiva in cui le offriva protezione e sicurezza e dichiarava inoltre di desiderare un figlio da una donna “che non aveva eguali al mondo” e che aveva saputo sfidare e vincere l’Imperatore.
La figlia di Mirabetto orgogliosamente rifiutò, paga di aver saputo, lei da sola, dare scacco all’imperatore. Qualche giorno dopo però ormai allo stremo della resistenza, priva di cibo e di munizioni, si avvelenò, facendosi mordere da una serpe velenosa.
articolo del 27.12.08 siciliainformazioni