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- UN ALBERO PER AMICO - di Claudio Alessandri

6 aprile 2010

di Claudio Alessandri

  Molti anni addietro fui incaricato di scrivere una presentazione da inserire in catalogo in occasione di una collettiva pittorica dedicata agli alberi. Accettai volentieri ricordando un grande carrubo che troneggiava presso la strada d’accesso alla città diruta di Solunto, che sorge a poca distanza dal paese di Santa Flavia, a pochi chilometri da Palermo, quel grande, imponente ed antico albero, era divenuto un mio amico alla stregua di tutti i ragazzini del paese che sciamavano chiassosi per le strade di Santa Flavia dove io ho vissuto per otto anni in giovanissima età.
Dopo il lungo periodo dedicato ad osservare le tantissime opere pittoriche esposte in questa mostra, anche esse ispirate a quei monumenti della natura quali sono gli alberi, celebrati nel breve, ma delicatissimo e commovente libro scritto da Jean Giono dal titolo che è già di per se un messaggio di pace: “L’uomo che piantava gli alberi”, sono tornato con la mente agli anni della mia giovinezza, quando quel carrubo che consideravo un “amico” osservandolo esclusivamente dal punto di vista utilitaristico del suo frutto dolcissimo e per l’ombra che mi offriva nei giorni d’estate e durante gli improvvisi temporali; adesso gravato da molti anni, ma sempre attratto dagli alberi, giganteschi, minuti, frondosi; con in più tanta esperienza e conoscenza della storia reale o fantastica di queste utilissime piante, nell’osservare i dipinti esposti, oltre che ammirare la bellezza formale, coloristica o simbolica, ho intrapreso un cammino che affonda, è proprio il caso di dire le radici, nella notte dei tempi.
Qual è il caposaldo della fede cattolica, l’albero della conoscenza dal quale Adamo ed Eva disubbidendo a Dio, colsero il frutto “fatale” che costò loro il Paradiso Terrestre, e a noi il peccato originale e l’immortalità. Proseguendo nell’alveo della spiritualità, il sacrificio estremo del figlio di Dio, vide come teatro il luogo chiamato “orto degli ulivi”, ancora alberi quindi; Giuda ed il suo tradimento che aveva compiuto, in definitiva, quanto scritto dalle Sacre Scritture, pentito di un gesto che egli stesso non avrebbe potuto comprendere, si allontanò dal luogo del supplizio estremo e andò, secondo la tradizione, ad impiccarsi ad un albero.
Gli “elfi” delle saghe nordiche vivevano nelle fitte foreste del nord dell’Europa, in compagnia di fate e di maghi, luoghi misteriosi al centro delle credenze religiose degli abitanti di quei luoghi che si affidavano ai druidi, più stregoni che sacerdoti di religioni animistiche. In una di quelle foreste, nel suo fitto di alberi giganteschi, si rifugiò la fata Morgana per curare il re Artù, dissetandosi alla fonte dell’eterna giovinezza.
Personaggi simili agli “elfi”, gli “gnomi”, popolavano le foreste italiane, anche queste dimore di fate e gli esseri scaturiti da antiche credenze, da fervida fantasia e dalla paura ancestrale per tutto ciò che non è palese, conosciuto nella sua sostanza, forse incorporea. L’albero come emanazione sacra non era limitato al solo continente europeo, lo si poteva ritrovare ed ancora oggi si ritrova, quale simbolo di vita, sui tappeti persiani, anatolici, asiatici e caucasici, sempre con identico significato, all’origine della vita. E per finire, rifacendoci alle leggende siciliane, ritroviamo, famosissimo nei pressi della città di Catania l’albero dei cento cavalli, così chiamato perché, secondo la tradizione popolare, sotto le sue fronde smisurate si ripararono ben cento cavalieri normanni con i loro cavalli, sorpresi da una tempesta spaventosa mentre marciavano verso Palermo per strapparla all’esercito musulmano.
Infine, anche questa mostra nasce da un racconto, non importa se è ispirato da fatto reale o dalla fantasia, il racconto, dotato di grande delicatezza poetica è una “summa” di saggezza, un uomo che visse solitario, in luoghi desertici, privi di vegetazione, quindi di vita non solo umana, si dedicò a piantare migliaia di querce, ridando vita al paesaggio ripopolato da uomini che ritrovarono le condizioni idonee ad una vita serena.
Tornò a scorrere l’acqua nei gretti in precedenza disseccati, privati dell’apporto delle radici degli alberi nel trattenere l’acqua piovana rilasciandola poi lentamente. Nulla di più adatto quindi, al pari di questa mostra, indetta per scopi benefici, per aiutare dei popoli che proprio noi, “popoli civili” abbiamo privato per smania di ricchezza dei frutti delle loro terre, dopo essercene impossessati con la violenza, massacrando uomini, donne e bambini per impossessarci della loro terra, unico bene dispensato da un Essere Supremo, che un giorno, è inevitabile, ci giudicherà certamente con severità pur nella sua immensa comprensione e bontà.
       
articolo del 6.4.10 pubblicato su abc 24.it

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