- GIANCARLO BARGONI : "FANTASE E LIBERTA'" -
3 aprile 2010
di Claudio Alessandri
La immediata sensazione è quella di una violenta scudisciata che percuote il cervello, trapassa il costato raggiungendo l’inconsistenza del “sublime”; forse l’anima; forse delle facoltà sconosciute, capaci di emozionare al cospetto di messaggi visivi altrimenti reclusi nel corpo pesantemente materico di una corporalità dai segreti fantastici che, se svelati, un giorno, guideranno l’umanità verso un'unica sorgente luminosa, la dove alberga la pace, l’amore e la bellezza assoluta.
Le opere di Giancarlo Bargoni, dall’evidente informale, espresse pienamente da una possente matericità, hanno quasi nel totale, uno sviluppo costante, ma non ripetitivo. La “periferia” del supporto, brumosa e di una opacità tragica, contorna esplosioni cromatiche che “violentano” la retina, si imprimono nella mente come “sigilli” d’antichi codici, rossi fiammeggianti, non paragonabili ad un tramonto o ad una “colata” dell’Etna; gialli vibranti come luci di lampione o familiari come distese di grano maturo; striature “roventi” che, confusamente, si insinuano in campiture di diafano candore che, inevitabilmente, si immergono scomparendo nel nero velario di una periferia che tutto fagocita, ma nel contempo evidenzia il colore, in tutte le sue fantastiche volute, altrimenti confuse “matasse” dipanate da filatrici folli.
Le “rare periferie” di un bianco trasparente racchiudono rossi “sanguigni” a imprigionare “nuclei” dall’aspetto “putrescente”, simili a vite ormai giunte al termine di un percorso vitale che, forse, ha lasciato un’impronta, nel bene e nel male, fra i suoi simili, umani? Bestiali? Poco importa, tutto adesso si oblia in una fine che, forse gli rivelerà il “vero” senso del suo esistere.
Il giallo luminoso si dilava immergendosi nel nero, un monile d’oro che fonde abbondando le sembianze preziose che gli ha conferito l’artigiano orafo; abbandona la “bellezza” per riassumere le fattezze primitive, così facendo rifiuta l’apparente avvenenza per vivere nella gioia della libertà, la costrizione è dolore e non bellezza.
Tutte le opere di Bargoni recano un titolo, ma noi non li citeremo, non ne terremo conto, perché etichettandole avremmo la spiacevole sensazione di essere captati, costretti ad abbandonare le nostre riflessioni, fantastiche certo, non artistiche, ma siamo certi che l’artista non se la prenderà, anzi sorriderà leggendo le nostre “fantasie in libertà”, e godrà egualmente per averci donato delle sensazioni che, forse, hanno del poetico ma, chiediamo anzitempo perdono, noi la pensiamo così, spinti da una folle ricerca del bello, nell’arte o in qualsiasi manifestazione della natura che ci circonda, che non ci condiziona e non ci soffoca
articolo del 3.4.10 pubblicato su abc24.it
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