- CERCANDO LE NUOVE FRONTIERE DELL'ARTE -
15 luglio 2010
di
Claudio Alessandri
CERCANDO LE NUOVE FRONTIERE DELL’ARTE.
Da molti anni assistiamo ad una corsa affannosa tutta tesa al superamento dei “vecchi” concetti della figurazione tradizionale nell’arte. Messo da parte il concetto diffuso dell’arte uguale bellezza espressiva, derivata dal raggiungimento della perfezione tratta dalla realtà che ci circonda, non più attraente l’informale, superate tutte le espressioni possibili ed immaginabili dal contenuto “forzatamente” artistico, si è giunti all’arte “concettuale”, trovato, appunto, il concetto bisognava concettualizzarlo, dargli la dignità di una nuova forma artistica degna di imporsi non solamente nei concetti, ma anche scolasticamente, filosoficamente, in poche parole conferirgli quell’imprimatur che lo rendesse solidamente inserito, nel futuro, nella storia dell’arte.
Questa nuova forma espressiva, accolta da molti come messaggio liberatorio dai vecchi e soffocanti schemi di un mondo troppo piccolo per contenere le “nuove idee”, non ha trovato generale approvazione e a nulla valgono le dotte dissertazioni di alcuni storici d’arte che giustificano ogni “emanazione” artistica con i “nobili contenuti” di supposto estetismo e neo-idealismo, veicolo indispensabile al recupero dello smarrito significato “socioantropologico e politico.”
Il processo di “modernizzazione” dell’arte, teoricamente concettuale, forse ha esaurito il suo compito o, come ebbe a sostenere un grande critico d’arte quale Francesco Carbone con un’iperbole che configura l’aspetto sgradevole dell’antropofagia…: “sono cadute le forti tensioni delle neoavanguardie artistiche”… “ma perché esse lavorano anche per la propria morte”…”.
Si è sentito impellente il bisogno di riscoprire estetismi indispensabili, non solo alla comprensione, ma principalmente per una “piacevolezza visiva” tale da suggerire una quiete operosa dopo i sussulti parossistici di una umanità vittima del caos, non primigenio, ma foriero di una catastrofe imminente e definitiva.
Le maggiori “disquisizioni filosofico-artistiche”, nate dall’invito a dipingere soggetti di carattere sacro, come prescritto dall’attuale regolamento, non assume senso qualunquistico esclusivamente se dal dipinto emana un avvertito messaggio intimo, suggerito dall’atmosfera che, senza dubbio, emana dall’opera dipinta, ma non esclusivamente per la bellezza dell’immagine, ma principalmente dalla spiritualità che attrae più del senso estetico, riconducendo, finalmente al trascendente, riscoprendo quella “scintilla divina” che alberga in ciascuno di noi e che, alla fine, ci condurrà alla salvezza.