- SALVATORE CAPUTO E ILARIA CAPUTO - MITICI APPUNTI.
4 febbraio 2011
di
Claudio Alessandri
Salvatore Caputo, pittore e scultore; Ilaria Caputo, scultrice e pittrice. Quale artista non desidera in cuor suo che un suo figlio o figlia, segua l’identica via da lui tracciata, amata, sofferta nell’idea, nella sfida imposta da perenne trepidare per creare visivamente i sentimenti della propria mente creativa?
Il Maestro, colui che nell’insegnare è disposto ad annullarsi, a occupare una dimensione defilata affinché emerga il talento di una propria “creatura”. Quello è l’uomo più felice del mondo.
È il caso di Salvatore Caputo e la figlia Ilaria Caputo, un binomio iniziale che accomuna l’esperienza decennale e lo sbocciare di un nuovo racconto, nuovo perché destinato, un giorno, a percorrere vie nuove, originali, scaturite da un proprio intendere l’espressione artistica. Con Salvatore esiste una pluriennale amicizia, ho un suo piacevole ricordo della sua frequentazione, di tutte le Gallerie d’Arte di Palermo, in particolare di Arte al Borgo, come me e tutti gli artisti più noti del mondo locale, nazionale per poi involarsi verso mete internazionali. Quello fu un periodo prodigo di istanze culturali, oltre alla pittura e la scultura, facevano parte di quel mondo “fatato”, intellettuali come Leonardo Sciacia, Gesualdo Bufalino, solo per fare qualche nome.
Sorpreso da un “incanto maligno”, quel fervore cominciò a scemare per poi scomparire del tutto. Non credo comunque di avere mai perduto di vista Salvatore Caputo, artista a tutto tondo che, negli anni si impose per il suo mondo pittorico, un modo originale di raffigurare il “silenzio”, la sua pittura, volendo trovare a tutti i costi uno stile, venne classificata “surreale”, certamente la quiete è, ai nostri giorni, surreale, ma nella pittura di Salvatore si impongono stile cromatico e ispirazione fantastica, un binomio che ritengo sia il suo “timbro” distintivo, e tranne il colore, anche nelle sue numerose sculture Salvatore non ha abbandonato e non abbandona, le figurazioni fantastiche arricchite da una sapienza tecnica che non condiziona l’espressione squisitamente artistica, quindi svincolata da leggi matematiche e fisiche. Ilaria la conosco da giovanissima quando insieme a Salvatore e a sua mamma partecipava alle inaugurazioni di “personali” o “collettive”, anche quelli erano tempi felici, oppure quando recandomi allo studio del padre, ho cominciato a notare delle sculture in terracotta plasmate da Ilaria che frequentava l’Accademia di Belle Arti di Palermo, allieva del Professore e scultore Salvatore Rizzuti, dall’insegnamento del quale Ilaria ha saputo trarre il massimo dalla sapienza scultorea, il rigore della tecnica, indispensabile per giungere a risultati eclatanti, ha subito nelle opere di Ilaria la dolcezza plastica che nessuno può insegnare, una caratteristica che distingue un buon esecutore da una artista. Ho potuto apprezzare le non comuni doti di Ilaria, nel disegno, avendo eseguito le tavole inserite nel volume dedicato all’Arte e Scienza nei Castelli Federiciani, da me scritto e illustrato da questa giovane, ma già sicura nella tecnica e nell’espressione figurativa di questa artista. Il mio sguardo, oggi, si amplifica insieme al giudizio positivo, nell’osservare le opere di Salvatore e Ilaria che, in simbiosi presentano una loro personale, pittura e scultura, settorizzate ma non disgiunte nella tecnica e nell’atmosfere. La personale che si intitola “Mitici Appunti”, potrebbe essere considerata il compendio di due espressioni artistiche, scaturite entrambi da una unica idea. Le opere di Salvatore richiamano alla mente, i suoi colori, ma sarebbe più esatto dire, il “modo” del colore, il suo esprimere mondi sconosciuti, atmosfere sognate o immaginate in un mondo “diverso”, dove regna un silenzio ponderato, ricco di istanze non cristallizzato nella contemplazione oziosa della natura.
Il mondo di Ilaria esprime classicità, ma non fine a se stessa (vedi l’opera Grecia), nella quale è espresso un mondo lontano nel tempo e nella civiltà che seppe esprimere che, a contatto con la volgarità e l’ignoranza, si sgretola, abbandonando bellezza e solidità coinvolti dal vortice della non comprensione. Straordinariamente significativo il paesaggio disseccato, non più fonte di crescita materiale e culturale, se non fosse per una figura muliebre dominante o avviluppata da una vegetazione florida opposta a una natura morente che si specchia in una grande luna, la speranza incombente di un, sempre possibile riscatto.
La mostra che avrà luogo presso il Complesso Monumentale Guglielmo II – Monreale si inaugura il 5 febbraio 2011 alle ore 17 ed è visitabile fino al 18 dello stesso mese.