- QUAL'E' IL VERO GROSZ?
21 ottobre 2010
di
Claudio Alessandri
Cosa dire o scrivere di Grosz che già non sia stato detto o scritto?
Eppure, rimaniamo sempre sorpresi nel constatare come le sue opere stimolino sempre nuove riflessioni,proponendo cerebrali colloqui con un artista la cui produzione sbalordisce per quantità, qualità e contenuti.
Ci soffermiamo davanti alla bellezza di nudi femminili dalle rinascimentali rotondità, una bellezza tutta muliebre, giunta ormai al culmine, in bilico tra la maturità splendente ed il prossimo decadimento fisico ed estetico; la naturalezza espressa da questa precarietà soggioga l’osservatore come un sortilegio, eppure è “solo” abilità pittorica!
In contrapposizione a questa bellezza “sfacciata” e senza titubanze interpretative, Grosz ci offre la visione di una realtà scomoda e che, come tale, l’opulenta società consumistica dei nostri giorni, preferisce relegare in un angusto cantuccio della mente.
I suoi uomini d’affari, i politici ed i militari, abbandonata quasi totalmente la parvenza umana, si trasformano in esseri repellenti il cui tratto bestiale ci aiuta a comprendere la violenza di un mondo che fa della sopraffazione e del successo l’unica vera aspirazione, una fede demoniaca che pur di affermarsi è pronta a distruggere l’umanità che si oppone ad un disegno di totale dominio.
Ai colori caldi e delicati delle esuberanti forme femminili, che presuppongono un amore totale dell’artista per un mondo dominato dalla bellezza e dall’armonia, si contrappongono gli inchiostri e gli acquerelli freddi e taglienti dei personaggi “negativi” di una società che non ha una cittadinanza ma, sparsa sull’intero pianeta, tenta di soffocare con un sopruso, ogni aspirazione alla vita, all'amore, al sogno.
Grosz non finisce mai di stupire, in perfetta coerenza con il suo essere aperto ad ogni sperimentazione: durante gli anni ’20 disegnò scenari e costumi per il teatro innovativo di Max Reinhardt e Erwin Piscator; illustrò libri, dipinse nature morte, realizzò schizzi di ogni genere, dipinse quadri dallo stile schiettamente espressionistico e non disdegnò le opere dal contenuto erotico.
Grosz fu anche uno dei primi a aderire al dadaismo: i suoi collages, spesso composti in collaborazione con John Heaertfield, furono tra i primi esempi di questa espressione artistica; le sue creazioni “mixed media”, un insieme di acquerello e ritagli, risalgono appunto al periodo Dada.
Il trasferimento di Grosz negli Stati Uniti avvenuto nel 1932, non legato a motivi politici ed ambientali, non rallentò l’attività febbrile dell’artista tedesco che, anzi, continuò con stupefacente varietà e prolificità.
E' comprensibile quindi perché Grosz è considerato universalmente uno dei monumenti dell’arte moderna ma è altrettanto legittimo, considerando la vulcanica attività artistica di questo pittore, domandarsi ancora una volta: “qual è il vero Grosz”?