Il 4 settembre si rinnova una tradizione devozionale antichissima, l’acchianata alla grotta dove, secondo la tradizione, vennero rinvenuti i resti mortali di Santa Rosalia, la “Santuzza”, patrona di Palermo.
Per la stragrande maggioranza dei devoti palermitani, l’evento che li coinvolge per cinque giorni consecutivi è il “Festino” che si celebra con grande sfarzo, immancabilmente ogni anno, il 15 di luglio, data che celebra il rinvenimento della Santa su Monte Pellegrino. Molti non sanno perché il 4 di settembre, si rinnova un rito che, contrariamente al “Festino” dai contenuti religiosi e ludici, offre a Santa Rosalia solo un omaggio religioso, reso pregnante dal sacrificio, non indifferente, della scalata del monte attraverso l’antica via edificata tra il 1674 ed il 1725, a celebrare la morte della “Santuzza” avvenuta, sempre secondo la tradizione, il 4 settembre 1166.
Ritengo opportuno comunque, tracciare un breve ritratto della vita di questa veneratissima Santa che, dal suo rinvenimento divenne la Patrona di Palermo “spodestando” ben quattro altre Patrone: S. Cristina, S Ninfa, S. Oliva e s. Agata. Dalle notizie che giungono a gettare un barlume di luce sulle vicende umane di S. Rosalia, ma molte più da racconti scaturiti dalla fervente immaginazione popolare, si apprende che la Patrona di Palermo era nata nel 1130 dalla potente e ricca famiglia normanna dei Sinibaldi, signori del territorio della Quisquina.
Ed è in questa località che la santa trovò rifugio in una grotta che, ben presto divenne meta di moltissimi devoti che con la loro, anche se involontaria invadenza, causarono la fuga precipitosa di Rosalia verso un luogo difficilmente raggiungibile che trovò sul Monte Pellegrino, in un ampio antro che si apriva in vetta alla montagna.
Morì giovanissima, come già scritto, presumibilmente nel 1166, nella stessa grotta che oggi ospita il santuario dove vennero rinvenuti i suoi resti mortali. Rosalia, ancora giovinetta, preferì gli stenti della vita contemplativa, ai lussi e le comodità della ricca e nobile famiglia normanna.
Passarono i secoli e della “romita” Rosalia, rimase un flebile ricordo, ignorandone persino la fine. Si dovette giungere al 1624 per prestare la giusta attenzione alla giovinetta normanna.
Palermo si stava spopolando per le morti causate da una paurosa epidemia di peste, ed ecco rifarsi viva Rosalia, certamente non in carne ed ossa, la fanciulla apparve in sogno prima ad una popolana appestata e poi ad un cacciatore al quale indicò il luogo esatto dove cercare i suoi resti mortali e, una volta ritrovati, portarli in processione per le vie cittadine.
Il cacciatore salì sul monte ed aiutato da alcuni compagni, rinvenne le ossa di Santa Rosalia che, come richiesto dalla stessa, furono portate per le vie di Palermo, ed ecco che al loro passare gli appestati guarivano ed alzandosi dai pagliericci si univano alla processione.
Da quel momento la peste cessò ed i palermitani, da allora, ogni anno, festeggiano Santa Rosalia, senza mai mancare a questo irrinunciabile appuntamento