admin

Testi

- ALBERTO DA GIUSSANO, SIMBOLO DELLA LEGA. MA CHI ERA COSTUI?

24 agosto 2009

di Claudio Alessandri

Da mollti anni a questa parte, anzi sarebbe giusto dire da troppi anni, con la nascita del Partito di Bossi, la Lega, è venuto in auge, quale simbolo di coraggio, libertà e forza, Alberto da Giussano.

Chi sia stato questo personaggio secondo la tradizione più o meno lo sappiamo tutti, ma in questi anni è divenuto un “tormentone”, questo guerriero con armatura medievale che leva alta verso il cielo la spada tenendo lo scudo con il braccio sinistro è divenuto il simbolo della “Lega”, quindi lo si vede raffigurato sulle bandiere di quel partito che garriscono al vento mentre Bossi attinge l’acqua dalla sorgente del Po per poi versarla nella laguna veneta quale rito di purificazione, tutti i leghisti lo esibiscono come spillina nell’asola della giacca, il loro giornale lo reca in prima pagina, insomma una vera e propria ossessione fino a giungere a finanziare un film per celebrare le gesta lombarde nell’arrestare l’avanzata del “barbaro” Federico Barbarossa grazie alla dedizione di Alberto da Giussano che insieme ad altri “forti” come lui , circa 900 cavalieri (non perché nobili, ma perché andavano a cavallo), avevano il compito di difendere dal nemico il “Carroccio”, simbolo di forza e religiosità della “Lega Lombarda”.

Come tutti sanno il 29 maggio 1176 si svolse nei pressi di Legnano la battaglia che vide la Lega Lombarda opposta all’esercito imperiale di Federico Barbarossa, la Lega fermò l’avanzata del tedesco con il contributo determinante di Alberto da Giussano.
 
A questo punto mi sembra lecito chiedermi, ma chi era questo eroico cavaliere? Fatte le opportune ricerche, storiche e letterarie, sono giunto ad una conclusione in vero più volte affermata da altri, ma ignorata con nonchalance dai leghisti per un motivo fin troppo ovvio, Alberto da Giussano non è mai esistito, è un parto della galoppante fantasia del frate domenicano Galvano Fiamma che scrisse una cronaca di quella battaglia vittoriosa all’incirca a metà del XIV secolo ad esclusivo beneficio del signore di Milano Galeazzo Visconti.

Da quanto scritto si giunge all’incontrovertibile conclusione che il tanto citato e sbandierato campione di indipendenza della Lega, altri non era che un personaggio da romanzo d’appendice, insomma un eroe di pura fantasia. I Leghisti potrebbero comunque affermare che per loro è in ogni caso un simbolo, d’accordo, ma pur sempre un simbolo partorito dalla fantasia, contenti loro… .

I rappresentanti leghisti non citano però un episodio storicamente reale che ha a che vedere con il nipote del Barbarossa, Federico II di Svevia ed il famoso “Carroccio” della Lega Lombarda, sarà bene ricordarlo brevemente per tornare alla realtà, lasciando la fantasia ai poeti. L’Imperatore Federico II nel 1237, era il mese di agosto, dopo avere riportato l’ordine nella turbolenta Germania, decise di fare rientro in Italia.

Non era solo, lo accompagnava un possente esercito composto da duemila cavalieri con armature pesanti, all’incirca cinquecento fanti, nei pressi di Verona l’esercito imperiale venne raggiunto da circa diecimila saraceni, provenienti dalla Puglia, inoltre a Federico si unì il meglio dei combattenti di Ezellino ed, in fine, gli uomini provenienti dalle città alleate dell’Impero.
 
L’esercito imperiale prossimo ad affrontare le forze della Lega Lombarda era talmente numeroso da incutere giusto terrore negli avversari, alcuni compresero che sarebbe stato impossibile resistere all’urto di un tale esercito, il conte di San Bonifazio per salvare i cittadini di Mantova da sicura strage chiese di fare atto di sottomissione all’Imperatore, altrettanto fece Bergamo. Federico II poteva contare su di una tale forza militare che decise di iniziare le ostilità, come primo atto invase il suolo bresciano, la sua intenzione era quella di impedire ogni collegamento fra Brescia e Milano, quindi si diresse su Pontevico ed ivi giunto vi pose il campo.

Il piano dell’Imperatore non ebbe successo perché l’esercito della Lega Lombarda, intuendone le intenzioni, si mosse velocemente e attraversato il fiume Oglio si impadronì di Manerbio bloccando l’avanzata dell’esercito nemico ed in più attestandosi su di una posizione strategicamente ottima.

Era il novembre 1237 ed i due contendenti si fronteggiarono, divisi solamente dal fiume, la decisione per Federico era ardua per di più il suo potente esercito cominciava ad avere necessità di nuovi vettovagliamenti. Ancora una volta Federico agì d’astuzia, lasciò l’accampamento in riva all’Oglio e si mise in marcia fingendo di volere raggiungere Cremona per acquartierarsi per trascorrere l’inverno.

I lombardi credettero nell’allontanamento del nemico ed i loro alleati, lasciato il grosso l’esercito si avviarono verso le rispettive dimore, fu un errore fatale. Il 27 novembre 1237, l’esercito imperiale che nel frattempo aveva risalito l’Oglio sul suo lato destro, piombò all’improvviso sul nemico.

La Lega Lombarda resistette a due formidabili scontri, ma non poté nulla contro i bergamaschi che, conoscendo in modo perfetto tutto il territorio da alleati con gli imperiali, attraversarono il fiume Oglio di già in piena per le abbondanti piogge che avevano reso fangoso ed impraticabile tutto il territorio, e minacciarono sui fianchi l’esercito leghista, l’avanzare dell’inverno e la minaccia nemica convinsero il Podestà di Milano di approfittare della notte per disimpegnarsi dall’esercito degli imperiali.

L’iniziativa non sfuggì a Federico che ordinò di attaccare immediatamente i fuggiaschi, fu una vera strage e ben pochi si salvarono, alla fine la Lega Lombarda lasciò sul campo di battaglia all’incirca 10.000 combattenti più una infinità di prigionieri cadde in mani nemiche, fra di loro figurava anche il Podestà di Milano e Pietro Tiepolo figlio del Doge di Venezia.

Federico dopo la vittoria entrò nella città amica di Cremona con grande sfarzo, recava con se il Carroccio, spogliato di qualsiasi ornamento e trainato da un elefante che mostrava la bandiera imperiale. Sul Carroccio era legato il Podestà di Milano con un cappio attorno al collo. La sua umiliazione fu grande, ma non era ancora finita perché l’imperatore non lo fece giustiziare subito, ma lo condusse con se, come un trofeo, per varie città pugliesi, alla fine lo fece uccidere, un atteggiamento che Venezia non perdonò mai a Federico.

Il Carroccio venne spedito, accompagnato da una lettera scritta di pugno dall’imperatore, al Papa che tanto si era prodigato con denaro ed accuse brucianti nei confronti di Federico che non esitò ad indicare come l’Anticristo per aiutare la Lega Lombarda, era un esplicito messaggio della sua potenza alla precarietà del Papa che non poteva più contare sulla forza dei leghisti, quindi esposto a qualsiasi iniziativa avesse intrapreso lo Svevo. Alberto da Giussano contrapposto a Federico II di Svevia, l’invenzione letteraria e la realtà storica; una regione vincolata irragionevolmente alla difesa della razza contro uno stato multi razziale; l’immobilismo e l’intelligente attivismo. Chi potrà mai prevalere? “Ai posteri l’ardua sentenza”.

articolo del 24.08.2009 italiainformazioni

- ALBERTO DA GIUSSANO, SIMBOLO DELLA  LEGA.  MA CHI ERA COSTUI?