- ALESSANDRO MONTI, VENTI ANNI DI ARTE TRA CROMATISMI E SEMPLICITA'
18 agosto 2009
di
Claudio Alessandri
Ho conosciuto Alessandro Monti e le sue opere molti anni addietro, poi sono passati gli anni ed i nostri contatti sono divenuti sporadici, ma non ho mai perduto di vista l’attività di questo artista che, ricordo, con le realizzazioni di allora, circa venti anni, mi colpì positivamente e profondamente, sia per originalità d’esecuzione, che per l’atmosfera “sognata” che esalava dai suoi affreschi “capovolti” che riemergevano da profondità sconosciute, tratto a tratto fino a comporre una immagine completa o, artificio pittorico, alcuni particolari ancora disgiunti dall’insieme eppure attraenti come il comporsi di un puzzle affidato alla fantasia.
Ho rivisto i lavori di Monti dopo circa venti anni dai primi, e non nascondo di avere pensato, con rimpianto, di avere perduto un gran tratto della sua attività artistica tanto differivano le ultime elaborazioni dalle prime fisse nel mio ricordo.
L’emozione, vivissima, è equivalsa al ritrovare un amico caro disperso nel tempo trascorso, senza costrutto, a cercare nuovi stimoli, vibrazioni sentimentali e fisiche, cogliendo solo brevi lampi di effimera felicità ed abissi di disperazione nel pensare al mondo abbandonato tanti anni prima e che non avevo compreso nella sua semplice e totale gioia.
Fantastico rivelarsi di ectoplasmi i primi, eterei, delicati cromaticamente, indubbiamente bellissimi, quanto incisivi, concreti e figurativamente stimolanti i secondi (almeno per me) ed ancora una volta vincolati ad un cromatismo tale da caratterizzare l’insieme visivo. I colori pastellati e tenui che trasudavano da intonaci ricchi di storia, sono stati sostituiti da bruni terrosi, da ocra lavico o di nero tragico, oppure, da chiari cretosi e trasparenze acquose.
Ogni colore ha un senso, uno spazio ben definito dove inserirsi ad aggiungere o sottrarre spessore e valore di consistenza. Queste mie considerazioni ingenerano senza dubbio confusione, è bene quindi soffermarsi sulle opere di Alessandro Monti, o meglio, sulla lavorazione originale dei supporti, non più semplici tele “stirate” dal telaio, ma ripiani rigidi che, volendo forzare il senso logico dell’immagine, definirei superfici che colgono dalla scultura il concetto e dal colore il suo completamento ideale.
Questa idea si impone nella mia sensazione visiva e tattile dall’emergere di forme o nello sprofondare in depressioni dalle forme indefinite eppure eleganti nel misterioso messaggio che è ragione e stimolo della stessa opera d’arte concepita e realizzata da uno “sculptor-pictor” o viceversa.
La realizzazione delle recenti opere di Monti richiedono una preparazione difficile, non tanto per la complessità manuale che richiede grande perizia manuale e tanta pazienza, quanto nel non perdere la tensione emotiva che ha suggerito il soggetto, partorito da una pulsione che necessiterebbe di una realizzazione immediata, concentrata nello spazio dello scoccare di una folgore.
L’opera finita mostra con evidenza una tensione che finalmente si placa in quelle sporgenze, rilievi alternati a cedimenti misteriosi di una superficie ingannevole che si impone, poi scompare, sfugge in un dedalo di un “alfabeto” che rifiuta i concetti inamovibili, le verità assolute, esalta le trepide domande, racconta storie di fatti di la dall’accadere.
La terra segue l’andamento ondoso di un “brodo” primordiale che si rivela solamente per le cromie, primo segno delle vita che nasce…oppure nulla di questo. Forse un giorno Alessandro ci farà un inestimabile regalo, spalancherà i battenti serrati del mistero rivelandoci una verità che capovolgerà le mie certezze liberando verità sconvolgenti o semplici messaggi d’amore e d’armonia.