Mario Schifano e la Pop Art, un binomio indissolubile ed affascinante perché, anche se le sue opere, nei vari anni di attività artistica, conservano sempre l’impronta indelebile, appunto dell’arte popolare, è evidente la ricerca di sempre soluzioni nuove, una melodia amata e mai tradita che narra di mondi mai conosciuti e da lui esplorati in febbrile ricerca di ispirazione originali, sogni poetici di un animo commosso e commuovente, suo insostituibile impulso vitale e contemporaneamente subdolo suggeritore di una esistenza “esagerata”, falsamente esaltante, realmente distruttiva.
Schifano, il massimo esponente della Pop Art italiana, senza sottacere i suoi grandi compagni di un arduo cammino, Angeli e Festa ed i tanti altri che vennero inghiottiti dall’anonimato di un mondo, quello artistico, che misteriosamente stritola e dissolve speranze ed illusioni. Colse l’iniziale ispirazione dai massimi esponenti di questa originale forma artistica dai colleghi americani, anche se a segnare una frontiera invalicabile d’espressione, intervenne e non poteva essere diversamente, il substrato culturale, immensamente determinante, al quale si rifacevano gli americani, poco incisivo come la loro giovane tradizione storica e culturale, ed i ben più consistenti precedenti storici, artistici e culturali degli artisti italiani.
Mario Schifano, ai suoi esordi, già negli anni ’60 si espresse con apparente, ma non reale titubanza nel raffigurare le numerose stelle della bandiera americana, ma quelle stelle denunciavano nel colore incerto, confuso, l’afflosciarsi di un’idea politica ed economica che era ed è alla base di un capitalismo deteriore che conduce, inevitabilmente, ad un cieco imperialismo subdolamente mascherato da libertà e democrazia.
Schifano esprimeva, già da allora una forte carica politicamente critica di colore ben definito, non era il primo in Italia e nemmeno quello più famoso, a guidare il “drappello” era già fortemente impegnato un “gigante” dell’arte moderna quale Renato Guttuso, il bagherese con la forza espressiva e coloristica dei suoi dipinti, Schifano, con altrettanta forza, con simbolismi evidenti e graffianti ribellione all’imperante tradizionalismo culturale e scolastico.
La pittura di Schifano evolvendosi negli anni si espresse sempre sotto forma provocatoria, la stessa scelta dei colori industriali, gli smalti, e non i tradizionali colori ad olio era una evidente ribellione all’imperante tradizione scolastica, ne erano eloquente esempio le grandi tele bianche con le scritte pubblicitarie di un famoso carburante ed una altrettanto famosa bibita americana. Quelle scritte dai colori squillanti sembravano smarrire consistenza e pregnanza nelle abbondanti colature che facevano presumere una temporalità limitata, una speranza purtroppo andata delusa.
Poi vennero le svettanti palme, le biciclette, non sappiamo se Schifano volle lanciare un larvato invito al ritorno ad un mondo ripulito dai miasmi di un dissennato utilizzo di carburanti inquinanti la salute dell’uomo e la sopravvivenza della natura in generale, a noi piace pensare che il messaggio fosse quello. Come non citare le famosissime siluettes dei teorici e massimi rappresentanti del “movimento futuristico”, egli stesso volle ispirarsi ad un celebre dipinto di Balla, dipinse un uomo che nel camminare esprimeva dinamicità, massima ed indispensabile espressione del “movimento” futurista.
Non trascureremo certamente i grandi dipinti indicati genericamente, con il titolo “campi di grano” capolavori di squisito cromatismo scaturito dall’accostamento dei colori ad olio “spremuti” sulle tele ad esaurire l’intero tubetto, oppure le suadenti “ninfee” in un tutt’uno con le cornici “invase”.
Schifano non poteva non accorgersi della negatività delle immagini televisive utilizzate quali messaggi subliminali, veicoli di volgarità e violenza. A sottolineare la sua idea di negatività, lo schermo televisivo appare sottolineato da un nero luttuoso mentre le immagini trasmesse si auto annullano in visioni confuse, irritanti quale può essere il “vuoto culturale ed estetico” quale veicolo alla generale massificazione di idee errate e diffusa immoralità. Negli anni ’70 queste immagini le trasferisce su tele emulsionate, un ulteriore esperimento.
Mario Schifano, non trascurò la fotografia, anzi la esaltò come mezzo espressivo indispensabile per un artista tanto da dichiarare: “… Ho sempre usato la fotografia anche se in modi differenti… perché la macchina fotografica è l’unico mezzo che consente di produrre le sembianze dell’uomo nella sua più esatta dimensione”.
A dimostrazione della sua affermazione noi proponiamo la vasta produzione di immagini fotografiche, poi elaborate cromaticamente dallo stesso artista, di uno degli aspetti “inquietanti” dell’altrui “non vivere” le “favelas” brasiliane, una colpevole ed ingiustificabile “vergogna” esposta alla luce del giorno ed esibita con indifferenza quale caratteristica di attrazione turistica.