- GIOVANNI BOLDINI, IN MOSTRA A PALAZZO DEI DIAMANTI A FERRARA
21 settembre 2009
di Claudio Alessandri
Ferrara e Boldini, un binomio inscindibile anche se il Maestro impressionista per “maturare” la sua splendida arte dovette lasciare giovanissimo la città natale e dopo alterne vicende, trascorse quasi tutta la vita a Parigi, centro per quel tempo della cultura in generale, ma in particolar modo culla privilegiata dei grandi maestri della figurazione.
Il “giovane” Boldini assorbì profondamente la splendida lezione che gli venne impartita dal respiro culturale e coinvolgente che Ferrara, piccola ma dinamica città padana, emanò in ogni epoca ed ancora emana ai nostri giorni costituendo uno strano contrasto con l’apparente vita “sonnolenta”, come ammantata da un fantastico sortilegio che ha voluto cristallizzare ad isolare nel tempo e nello spazio una realtà magnifica, unica al mondo.
Ferrara, per non venir meno alla sua fama di fervente centro culturale, ospita dal 20 settembre 2009 al 10 gennaio 2010 presso la locale Pinacoteca Nazionale di “Palazzo dei Diamanti” , una mostra dedicata al suo “figlio più famoso”, ovviamente nell’arte tra 1800 e 1900, Giovanni Boldini. Questa mostra, contrariamente alle numerose precedenti, non è dedicata ad una antologica del “grande” ferrarese, ma esamina in profondità l’arte del Boldini racchiusa nel lungo e proficuo soggiorno francese, dal 1871 al 1886.
Si tratta di una indagine approfondita e necessaria, atta a far luce sull’artista emiliano, prima che divenisse una “icona” del ritrattismo dell’ambiente raffinato e decadente del bel mondo parigino. Quel periodo fu per Boldini economicamente importante rendendolo, oltre tutto, famoso in campo internazionale, fama per altro meritatissima, ma fece passare in secondo piano l’attività, complessivamente vastissima, di questo poliedrico artista. Le precedenti mostre ospitate nel 1963 al Jaquemart-André ed a Ferrara, sono servite a ridare una immagine non più limitativa dell’artista, sottolineando nel contempo un innegabile “distacco” di Boldini dal contesto generalizzato del mondo artistico italiano della fine ottocento.
Il Maestro ferrarese durante il lungo soggiorno parigino, si dedicò con interesse artistico, ma anche introspettivo della grande metropoli sotto i suoi innumerevoli aspetti. Indagò e rappresentò l’architettura parigina tanto diversa dalla sua rinascimentale città estense, non si limitò all’opulenza dei grandi complessi residenziali della nobiltà a dei “nuovi ricchi”, studiò e raffigurò anche gli stretti vicoli con la loro brulicante umanità, l’aspetto folkloristico e non patinato di una città non priva dei vizzi e delle virtù posseduti da tutte le grandi metropoli europee, forse volendo, con più velata poesia.
Ovviamente anche Boldini venne catturato dal fascino “fatale” dei “Bistrot” e dei “Café Chantant” resi famosi da Toulouse-Lautrc. Quindi giunse ai suoi famosi ritratti di ricche e bellissime dame dell’alta società o dei loro azzimati consorti o amanti danarosi, volle sperimentare tutti gli aspetti civili, morali e sociali che, nel loro complesso gli avrebbero consentito una attenta analisi psicologica che si nota chiaramente dalle sue opere, non da una visitazione superficiale, ma da una profonda analisi del personaggio ritratto, stando attenti a non farsi catturare e distrarre dalle stupende realizzazioni pittoriche, tanto diverse dallo stucchevole “manierismo” degli artisti a lui contemporanei.
Il suo stile inconfondibile nella ritrattistica fece si che tutta Europa richiedesse la sua opera magistrale che ha consentito di lasciarci dei capolavori unici per bellezza formale, coloristica e fondamentalmente intima nella analisi figurativa, ma come già scritto, indagatrice della psicologia dei personaggi dipinti. Giovanni Boldini operò anche a Palermo quando, lasciata momentaneamente Parigi, soggiornò presso il Villino Florio per eseguire il ritratto di Donna Franca Jacona di San Giuliano, consorte di Ignazio Florio jr. rampollo di una dinastia di industriali che rivaleggiò per fama e ricchezza con tutti i grandi d’Europa. Donna Franca viene descritta come una donna straordinariamente bella, dal portamento altero ereditato dalle sue origini nobili.
La sua bellezza venne esaltata da re ed imperatori, chiamata dal popolo la “regina di Sicilia” e D’Annunzio la definì “l’Unica”. Boldini la ritrasse in tutto il suo splendore e quel dipinto, simbolo tangibile dell’eleganza e della ricchezza raggiunta dalla Famiglia dei Florio, percorse simbolicamente il triste destino che dall’opulenza consentita dall’immensa ricchezza passò, a causa di alterne vicende, alla decadenza economica. Il dipinto di Boldini venne venduto ai famosi banchieri Rothschild dalla stessa famiglia Florio nell’ultimo periodo degli anni ’20 per una altissima somma, attualmente adorna la grande sala Liberty dell’albergo “Villa Igea”, splendido complesso ideato dall’Architetto Basile su commissione dei Florio si disse per ospitare la giovane figlia Igiea ammalata di tisi.
All’incantevole figura, non solo per bellezza fisica, di Donna Franca Florio, lo stesso Leonardo Sciascia dedicò un pensiero pieno di ammirazione e nostalgia, disse: “Senza di lei la storia dei Florio sarebbe stata una storia verghiana, solitaria e dolorosa, di accumulazione di sommessa e inesorabile fatalità; con lei diviene una storia Prustiana, di splendida decadenza, di dolcezza del vivere, di affabile e ineffabile fatalità.
articolo del 21/9/09 italiainformazioni