- PALAZZO ALTOFONTE , AL "PARCO NUOVO" DIMORA ESTIVA PER I RE NORMANNI -
4 giugno 2009
di
Claudio Alessandri
Il cosiddetto “Parco Nuovo”, è ubicato a circa otto chilometri da Palermo nelle propaggini della montagna “Pizzo” e all’inizio della vallata detta “Dei fichi”.
L’amenità del paesaggio, la grande abbondanza di sorgenti, e la innumerevole varietà di selvaggina, saranno state le ragioni principali per la scelta di quel sito per la costruzione di un castello da servire quale dimora estiva ai re normanni.
Il palazzo del Parco, attualmente è integrato indissolubilmente con l’abitato di Alto Fonte, quindi non distinguibile con facilità, per identificarlo è necessaria una scrupolosa “lettura” del nucleo urbano dalla cui planimetria si deducano le strutture normanne.
L’aspetto costruttivo originario ha subito nei secoli trasformazioni significative. Già a partire dal 1307, data nella quale Federico II d’Aragona, con diploma del 26 giugno 1307, ne fece dono ai frati cistercensi ed in seguito nel 1633, quando il Cardinale Scipione Borghese fece costruire la “Chiesa Madre”, la planimetria castellare mutò sensibilmente.
La presenza di un importante convento dotato, come d’uso, di vaste proprietà terriere, richiamò un grande numero di contadini che, con le loro famiglie, si stabilirono in quel luogo mutandone ancor più l’aspetto planimetrico.
Il convento sottoposto ad una amministrazione particolarmente attenta, prosperò per quattro secoli durante i quali l’agglomerato urbano andò sempre più ad espandersi.
Come abbiamo già sottolineato, per identificare con buona approssimazione ciò che sopravvive della costruzione normanna, è necessario osservare la planimetria del palazzo reale e disgiungerlo, idealmente, dalla massa di costruzioni sorte in seguito occultandolo ad una “lettura” di semplice soluzione.
Osservando la planimetria dell’insieme, tornano evidenti gli antichi ambienti di forma rettangolare, nella generalità con tetti a “crocera”, sorretti da piccoli corpi aggettanti (peducci) inseriti nei muri perimetrali. Questi ambienti sono perfettamente allineati lungo il fronte a nord del palazzo appena interrotti dalla cappella che occupa un tratto a circa un terzo dell’intera esposizione frontale, e appena discosti sono evidenti tre vani perfettamente conservati.
L’ingresso principale al palazzo è utilizzato ancora oggi dagli abitanti e si evidenzia per il profondo fornice rivolto a nord dell’abitato.
Gli ambienti già descritti sono introdotti da un corridoio frazionato da campate rettangolari che mostrano con evidenza, per varie caratteristiche, di essere ciò che rimane di un vasto porticato, distinguibile esclusivamente dalla presenza di tre archi, ad est di questo spazio, decorati da dischi lavici.
Proseguendo, nella non agevole lettura planimetrica, si può immaginare ragionevolmente che il palazzo si articolava su due ali che si protendevano verso mezzogiorno, supposizione suffragata dall’esistenza dei resti dei portici che si protendono verso quella direzione. La disposizione ad angolo retto tra le due braccia a mezzogiorno e l’ala a settentrione, potrebbero suggerirci l’eventualità che originariamente esse si chiudessero con un braccio a sud, creando l’immagine di un palazzo estremamente diverso dal modello normanno. Avremmo un corpo a mezzogiorno circondato sui tre lati da un porticato esterno, ed un’ala a settentrione, anch’essa preceduta da un porticato.
Giungeremmo alla conclusione che il Castello del Parco, così diverso dal complesso bloccato dalla Fawara, avrebbe avuto un porticato all’esterno, più che all’interno, tessuto lungo una linea spezzata e aperta, anziché chiuso in una maglia quadrata. Il portico interno era tipico dell’architettura araba, e particolarmente sviluppato nell’architettura Fatimita. Questo uso lo ritroviamo nelle costruzioni normanne del XII secolo. Si tratta di una particolarità che va tenuta ben presente, per chiarire il passaggio ai piani dei Castelli Svevi, che dagli studi più recenti sono stati posti in connessione con l’architettura araba.
Possiamo soltanto supporre che l’immagine del Palazzo del Parco, così poco canonica, probabilmente era diversa prima della trasformazione del Palazzo in convento benedettino.
E’ conseguente concludere che il Sollazzo del Parco, si discosta in modo evidentissimo dal Castello della Fawara caratterizzato da una architettura bloccata che escludeva qualsiasi contatto con gli spazi esterni; infatti, il “Parco” avrebbe posseduto un portico esterno e non rinserrato da una rigorosa struttura quadrata.
Questa particolarità rappresenta una novità costruttiva, senza dubbio, ma principalmente l’adozione di uno stile architettonico estraneo a quello normanno, infatti il portico interno tipicizzava l’architettura araba, ed in particolar modo quella Fatimita, questa soluzione di grande importanza innovativa la si può riscontrare nelle costruzioni normanne del XII secolo.
Una particolarità che ritroveremo nelle costruzioni castellari sveve che, secondo recenti approfonditi studi, sono stati in connessione con l’architettura musulmana.
E’ da tenere comunque in debita considerazione che le caratteristiche originarie costruttive del castello di Altofonte, fossero notevolmente difformi dalle successive a causa delle trasformazioni ad opera dei frati cistercensi.
Non possiamo comunque stabilire con certezza quale fosse il nucleo originale del “Sollazzo” e quali i successivi ampliamenti, in quanto tutta la fabbrica presenta sostanzialmente le stesse caratteristiche stereometriche; muratura rotta a piccoli conci frammisti a cotto, salvo che negli spigoli, nelle fasce a cornici, eseguite con la tipica muratura a piccoli conci squadrati dagli spigoli quasi taglienti.
Mancano inoltre quegli elementi decorativi che possono indicare una qualsiasi variazione nel gusto e conseguente datazione.
Nel palazzo di Altofonte, a sud, si rinviene una scala che conduce, attraverso tre ambienti voltati a crociera, al soglio reale posto sul nartece della cappella, da dove la famiglia del re assisteva alle funzioni religiose. La scala per posizione e struttura, richiama quella della Fawara, ed in entrambe le fabbriche viene impiegato l’arco a sesto acuto e l’arco a pieno centro.
La principale caratteristica di queste prime costruzioni normanne è il rigido eppure elegantissimo assetto geometrico, la perfezione dei paramenti murari; il nitore delle superfici, l’eliminazione di ogni ornamento superfluo, lo stesso dicasi delle cupole di colore rosso acceso, la compattezza degli elementi decorativi, maggiormente evidenziati dal loro uso limitato all’indispensabile.
La cappella del parco si differenzia totalmente da quella della Fawara nella copertura estradossa, trattata con cemento misto a cotto pesto. Segue all’esterno i movimenti delle crociere ed è sottolineata da una cornicetta decorata da piccole mensole pensili, che flessuosamente si muovono lungo la linea ondulata del prospetto.
Senza ignorare i molteplici influssi che contribuirono alla creazione della cappella di Altofonte, possiamo affermare come già fatto da alcuni studiosi, che questa non è il prodotto consequenziale di una corrente artistica, ma un’opera isolata, un fatto individuale, una nuova “invenzione” stilistica.
Questa tesi potrebbe anche spiegare l’originalità che distingue questa chiesa tra i modelli siciliani.
La prima cappella del palazzo del Parco probabilmente doveva essere, come quella della Fawara, tutta compresa nel perimetro murario del palazzo.
Quindi possiamo supporre che la cappella ruggeriana avesse la stessa pianta di quella attuale, ma che la copertura sia stata rifatta più tardi, probabilmente verso la fine del XIII secolo. Al termine di questo nostro studio, necessariamente trattato brevemente, ci preme sottolineare che ciò ci è stato consentito dagli studi e dai preziosissimi rilievi di questo monumento eseguiti dall’Arch. Silvana Braida negli anni ’70.