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Monumenti artistici siciliani

- LA FONTANA PRETORIA DI PALERMO "COME UN GIARDINO DEL PALAZZO"

10 novembre 2009

di Claudio Alessandri

  Lo storico e letterato nato a Castertermini nel 1831, Gaetano di Giovanni, cultore appassionato delle tradizioni popolari siciliane, in uno dei suoi innumerevoli scritti ebbe ad interessarsi della Fontana Pretoria, e la definì: “come un giardino del Palazzo del Senato".

Immagine delicata del Di Giovanni, indubbiamente poetica, ma lo studioso con quella definizione che non contemplava alberi fronzuti, fiori e siepi, non si allontanava di molto dall’effetto scenografico di delicatissima visione che, ancora oggi, offre con evidenza quell’opera del genio umano.

È evidente che la Fontana Pretoria non è l’opera geniale di un provetto giardiniere, ma la miriade di statue che la compongono, le donano quel fantasioso effetto di splendido giardino. Di Giovanni percepì con estrema sensibilità il senso di frescura e di quiete che solo uno splendido giardino può donare, anche se posto nel centro maggiormente caotico di Palermo.
 


Sull’indicazione dell’opera architettonica non si nutrono dubbi, è infatti opinione di molti studiosi che la fontana fu concepita dal fiorentino Francesco Camilliani, detto il Carmiella, discepolo di Baccio Bandinelli ed assai lodato dal Vasari; si nutrono invece dei dubbi sull’intervento, almeno nella prima fase di realizzazione, del napoletano Michelangelo Naccherini o Noccarino o, ancora, Vegherini, allievo di Giambologna.

Stefano Bottari nella sua opera “La cultura figurativa in Sicilia”, non ha esitazioni nell’affermare che il Naccherini intervenne solo in una seconda fase e più precisamente durante il montaggio della monumentale fontana una volta giunta a Palermo. Sempre secondo Bottari, quando si diede inizio nel 1574 alla sistemazione della fontana davanti al Palazzo del Senato, affidata a Camillo Camilliani, figlio di Francesco, questi dovette affrontare dei problemi di ordine logistico, presto risolti con l’abbattimento di alcune case, ma anche a dover apportare delle aggiunte al primitivo progetto, solo in quest’ultima fase intervenne il Naccherini, scolpendo una delle statue raffigurante un fiume, ed altre di secondaria importanza.

Della stessa opinione del Bottari, sono il Samonà ed il Venturi che fondano la loro certezza sul fatto che delle quattro statue rappresentanti ciascuna allegoricamente un fiume, una sola si può attribuire al Naccherini, mentre le altre tre, o recano la firma di Francesco Camilliani o sono datate 1554, 1555, 1556.Come per la stragrande
maggioranza delle opere monumentali di grande valore artistico e storico, non documentate sufficientemente, non mancano numerose affermazioni ed altrettante smentite, tali da capovolgere persino la logica e la ragione.

La Fontana Pretoria non poteva sfuggire a questa “regola” comunque, quello che è certo, per discernimento, nessuno scultore, per quanto geniale ed affiancato da validi “aiuti”, avrebbe potuto portare a termine in appena tre anni la realizzazione di quaranta statue. Certamente magnifica dal punto di vista architettonico, la Fontana Pretoria è giudicata dai competenti, più decorativa che scultorea anche se il Vasari nel suo libro “Degli accademici del disegno”, abbia espressioni di grande apprezzamento per le statue rappresentanti l’Arno ed il Mugnone e giudichi la fontana, nel suo insieme, “la più ricca e sontuosa che si possa in alcun modo vedere”.

Ci interessiamo quindi a questa fontana, non tanto per il suo valore artistico, che è pure notevole, quanto per ciò che ha rappresentato ed ancora rappresenta per Palermo ed i suoi abitanti, ubicata al centro antico della città, è quasi un simbolo dell’antico splendore della “Palermo felice” e del suo graduale decadimento, non solamente artistico.

La Fontana Pretoria fu eseguita a Firenze tra il 1552 ed il 1555, su commissione di D. Pietro di Toledo che voleva collocarla in una sua villa fiorentina. Morto D. Pietro, prima che l’opera fosse ultimata, il figlio di questi, D. Luigi, la vendette nel 1573, per il prezzo di ottomila once, al Senato Palermitano.

Fu in seguito a questo acquisto che la fontana, smontata nei 644 pezzi di marmo che la compongono, giunge a Palermo nel 1576. La fontana fu rimontata e collocata nella Piazza Pretoria, davanti al Palazzo del Senato, sotto la guida di Camillo Camilliani, come già ricordato in precedenza, figlio di Francesco, sacrificando, come gia scritto alcuni palazzi al fine di creare lo spazio necessario alla ricomposizione della monumentale fontana.

Il Camilliani dovette superare difficoltà notevoli per consentire all’opera uno spazio sufficiente a darle quella leggerezza d’assieme che, ancora oggi, è oggetto d’ammirazione. È indubbio quindi che a Camillo si debbono le nuove proporzioni ed i calcolati effetti prospettico-scenografici che legano l’opera al nuovo ambiente.

La fontana è di forma pressoché circolare ed il suo perimetro esterno è di circa 120 metri, la sua altezza è di poco inferiore ai 12 metri. L’acqua affluisce nella fontana attraverso 56 canali, le urne sono 20 e le testi di animali o di mostri sono 24.

Le quaranta statue che adornano la fontana, sono disposte in tre ordini e su tre piani di diversa altezza. È quasi certo che il piano inferiore fu inserito, su disposizione di Camillo Camilliani, durante il montaggio, con lo scopo evidente di dare più slancio all’opera che rischiava altrimenti di rimanere soffocata dalla mole del vicinissimo Palazzo del Senato.

Sul piano più basso gira una balaustra in marmo che è sollevata, dal piano stradale, da tre gradini. Questa balaustra è interrotta da quattro lati, in modo da lasciare quattro larghi accessi allo spazio superiore.

A fianco di ciascuno di questi varchi si notano due “termini” fatti a piramide, su cui poggino grandi statue di fattura grossolana, in netto contrasto con le altre statue tutte molto curate nell’esecuzione e nella rifinitura.

Dietro la balaustra si stende uno spiazzo anch’esso circolare di circa 2,80 metri di larghezza, nel quale si notano quattro statue giacenti, ciascuna rappresentate un fiume. Queste statue hanno dinanzi una vasca che raccoglie i zampilli che da esse scaturiscono e sono fiancheggiate ciascuna da un tritone e da una nereide.

Dietro questo primo spiazzo, vi è una profonda peschiera che lo separa da un altro spiazzo più alto. Nella parete interna della peschiera vi sono scolpite 24 teste di animali o di fantastici mostri, ognuna delle quali sprizza acqua dalle narici. I due spiazzi sono collegati da quattro scalinate, di nove scalini ciascuna e fiancheggiate da balaustre in marmo, che formano dei ponti sospesi sulla peschiera e corrispondono ai quattro accessi, della balaustra inferiore. Ai fianchi di ciascuna scalinata si notano due statue in basso ed in alto; queste opere scultoree sono di notevole fattura ed al pari delle quattro figure rappresentanti altrettanti fiumi, fanno parte del gruppo principale attorno al quale, altre figure di minore importanza, servono a completare l’assieme coreografico di indubbio effetto.

Lo spiazzo superiore, di poco meno grande del sottostante, è pure delimitato da una balaustra in marmo (una porzione di circa un metro venne divelta da ignoti vandali) al centro una grande vasca, dentro la quale quattro cavalli marini, montati sulla schiena di due arpie, sostengono una tazza, sull’orlo della quale poggiano quattro oche in marmo. Dal centro di questa tazza sorgono, attorcigliate ad altrettanti delfini quattro sirene, con urne sulle spalle che, con le braccia, sostengono un recipiente più piccolo, in mezzo al quale si notano quattro figure maschili alate con le gambe attorcigliate da piccoli delfini che, a loro volta, formano la base su cui poggia l’ultima conca che sostiene un putto con una cornucopia levata al cielo. Dalla cornucopia scaturisce uno zampillo che, ricadendo nelle varie conche decrescenti, alimenta la vasca inferiore.

La Fontana Pretoria, conosciuta dai palermitani come “delle vergogne” a causa delle numerose statue nude, nei tanti secoli di vita ha subito incuria e vandalismi di ogni genere, si è cercato di rimediare a tutto ciò con un lungo e difficile restauro terminato nel 2003, dopo di che è stata riconsegnata ai palermitani che grati per quella straordinaria opera di ripristino si sono subito impegnati nell’opera di danneggiamento che, dopo un ulteriore restauro, donerà loro l’ineffabile gioia di esercitare, ancora, l’incomprensibile piacere di avere il “diritto” al vandalismo ed all’incuria, per fortuna non tutti i palermitani rispondono a queste caratteristiche, o almeno lo speriamo.

I disegni sono di Totò Bonanno
articolo del 10.11.09 - siciliainformazioni
 
 
 

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